14/06/2016
La meraviglia è quella sensazione che si prova quando il commissario tecnico della Nazionaledi di calcio, Antonio Conte, racconta prima di Belgio –Italia agli Europei 2016 di avere preparato la squadra leggendo L’Arte della Guerra di Sun Tzu: “L’importante sarà essere guerrieri, ma usare la testa e riproporre quello che abbiamo studiato in questi giorni».
La meraviglia è quell’emozione che ci si trova a vivere esattamente il giorno dopo del match, quando passeggiando per Este, si entra in punta di piedi a sfogliare pagina per pagina lo stesso trattato di strategia militare che forniva gli strumenti per ottenere il massimo dalla fisicità alla mente, in un contesto straniero, estemporaneo, sconosciuto ed incomprensibile, a partire dall’ideogramma che lo rappresenta.
La meraviglia, anzi le Meraviglie dello Stato di Chu, sono un crescendo di stanze, un fondersi di rosso e nero, un mondo morto e sepolto nel migliore dei fanghi, che preserva e conserva materie organiche come il legno di 2300 anni fa, che a 8.000 chilometri di distanza tornano a risplendere in quella che è per eccellenza la terra dei fanghi, il Parco dei Colli Euganei.
Una meravigliosa coincidenza lo scoprire che, come l’argilla cinese ha trattenuto in sé tutto il bello che la civiltà aristocratica dell’epoca voleva portare nel proprio viaggio ultraterreno, la civiltà euganea ha fatto invece di quel mezzo, l’argilla, l’esaltazione della propria permanenza terrena.
Meraviglia è ritrovarsi a parlare di acqua dolce, quella del fiume azzurro, in un angolo di Italia in cui la mostra stessa si suddivide tra più acque: nella città che poggia sull’acqua, Venezia, per risalire l’acqua salata dell’Adriatico attraverso il delta del Po facendo tappa ad Adria, per stillare poi tra le acque termali del bacino euganeo nel Museo Nazionale Atestino. Un Museo che di storie da raccontare ne ha, storie che Sabina ben conosce e delle quali interrompe la narrazione per preferire in questa occasione una fiaba, che parte da lontano e che ci sembra così vicina da sentirne il suono.
Perché in fondo è questa la più grande delle meraviglie di questa mostra.
Capire che per la cultura cinese nulla ha a che fare con quelle che etichettiamo in Occidente come cineserie, superflue e fasulle, ma che 2 millenni fa esaltava tutto ciò che aveva creato di utile impreziosendolo di eleganza e di fascino, senza perdere mai la funzione. Poco c'entra con quella Hong Kong visitata due mesi fa, nella quale i templi si accostavano a supermarket e friggitorie.
La meraviglia è completa quando tutti i sensi sono sollecitati.
Appagati sono gli occhi dai riflessi del cuoio o dalle raffinate decorazioni con chicci di grano germinanti, incuriosite sono le dita che scorrono sul bronzo vellutato, pizzicate sono le narici dal profumo degli incensi floreali, soddisfatto è il gusto tra i sapori dei the asiatici.
A restare paralizzate, incantate dalla meraviglia, sono le orecchie, al cospetto di uno dei pochi esempi di archeologia uditiva, tra strumenti musicali a noi ignoti e spartiti dalla lettura complessa, studiati al punto da decifrarne i suoni ed unirne e riproporne le armonie in forma musicale piacevole, orientale, ricca, unica.
Un viaggio nel tempo e nello spazio nel quale ci si sente sbagliati nell'abbigliamento e nel pensiero, sapendo di capire poco e capendo di sapere nulla.
Meraviglia è uscire dalla Mostra di Chu con L'Arte della Guerra di Sun Tzu in mano e pensare di essere pronti a vincere ogni partita.
Iris Rocca
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